«Quando a marzo 2020, sotto la minaccia di un virus sconosciuto, il nostro Paese si è ritrovato nel pieno di un’emergenza sanitaria, a ciascuno di noi è capitato di fermarsi e interrogarsi sulla situazione che ci stavamo trovando a vivere. Le riflessioni di Paolo Micheli hanno prodotto un’originale raccolta di oltre cento sonetti composti in dialetto romanesco, una sorta di “diario di emozioni” di questi ultimi mesi segnati dalla convivenza forzata con il Covid. Un volume nato quasi per gioco, che prende il via all’inizio del primo duro lockdown e arriva a coprire un arco di tempo di quasi due anni, fino all’autunno 2021 in cui, seppur nel quadro generale di una situazione in miglioramento, non si riesce ancora del tutto a intravedere la fine di questo surreale periodo toccatoci in sorte. Con quella sagacia e quel disincanto tipici che contraddistinguono la lingua utilizzata, l’autore dà quindi forma a un insieme composito, dimostrandosi un buon osservatore di ciò che, a partire dalle sue mediocrità, rende l’uomo quel che è.»
Paolo Micheli (Terni, 1963) scrive per lavoro e non solo. Nella prima veste, dal 1990, lo fa come magistrato: dopo varie esperienze da pubblico ministero, è passato nel 2000 ad esercitare funzioni giudicanti (però non ha voglia di parlare di separazione delle carriere). Consigliere della Corte di Cassazione dal 2012, è oggi presidente della sezione penale della Corte d’Appello di Perugia. Per diletto, scrive canzoni e – da poco, ma ci ha preso gusto – sonetti romaneschi. Ama sua moglie, sua figlia, la Ternana, il basket. E anche le persone che, come lui, non si prendono troppo sul serio.
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