«(…) Quella di Nicoletta Ponticelli è poesia salmastra, che ci si attacca addosso e che fatichiamo a lavare via; procellosa, che scuote con forza gli anfratti più reconditi del nostro spirito, provocando una mareggiata di emozioni che prima d’ora ci erano ignote; misteriosa, che svela ma ci lascia anche vagheggiare e ci chiede di prendere parte alla sua creazione; dirompente, che ci esplode in faccia risvegliandoci da un lungo torpore. È la poesia di una donna che, per aver scritto questi componimenti, deve aver vissuto una vita piena, magari in riva al mare, con i piedi nell’acqua, d’inverno.»
(dalla Prefazione di Alessia Boraga)
Nicoletta Ponticelli (1964) vive a Napoli dove ha conseguito la laurea in Economia e Commercio e l’abilitazione all’insegnamento delle discipline economico-giuridiche. Lavora oggi in un gruppo finanziario. Appassionata di letteratura ha coltivato sin dall’adolescenza la passione per la poesia e l’ambiente per la cui difesa ha svolto attività nell’associazionismo. Recentemente ha ottenuto la posizione come poeta finalista in alcuni concorsi e le sue poesie sono state raccolte nelle relative pubblicazioni letterarie: “Il Federiciano”, “Premio Salvatore Quasimodo VI Edizione” e “Pagine d’oro della Poesia 2021”. Ha vinto il Premio Speciale della Giuria “Ossi di Seppia – 27ª edizione”.
Giancarlo Nobile –
La poetica naturale di Nicoletta Ponticelli
Prof. Giancarlo Nobile
Nicoletta Ponticelli napoletana è oggi tra le massime esponenti della corrente poetiche che generalmente è definita naturalista ma questa definizione non è la cifra che la designa compitamente come la semplice appartenenza a gruppi o a scuole, nella sua poetica la distinzione non va fatta tra naturale e umano, quanto piuttosto tra creazioni forti, riuscite, indicative, e creazioni deboli, mediocri, insignificanti. E la poesia di Nicoletta Ponticelli è una creazione forte, riuscita, indicativa nella sua personale interpretazione direi pittorica della realtà naturale con l’’introduzione nel costruzione di immagini che si perdono nell’inseguirsi formale dei tempi, delle dinamiche, dell’immagine.
La sua gestualità spontanea parte dalla teoria simbolista della scrittura automatica e la mischia con l’amore per il cercare il cromatico nelle parole, rendere materico il verso, ruvido con l’introduzione d’elementi eterogenei, rabbia, speranza, sogno, realtà ma anche corde intime in un’opera multipla che racchiude in se tutte le arti.
Si costruisce così un nuovo universo che come scrive Bataille (Informe, Paris 1969) l’dea che gli accademici hanno dell’universo al quale hanno fatto indossare un redingotte matematica. Ma l’universo non assomiglia a nulla se non a qualcosa come un ragno, uno scarabocchio, un vortice, una vagina, uno sputo’.
Metafore della visione, turbini d’energia, suggestioni prelevate dal microcosmo di una natura in ebollizione tutto ciò non scevra dalla cultura figurativa nella sua essenza barocca.
Nicoletta Ponticelli, sulla scia dei grandi maestri del naturalismo, differenziandosi, con la sua forte personalità e l’alta cultura umanistica, nella ricerca semiotica e strutturale, concepisce il verso come mezzo di conoscenza, come luogo in cui tradurre in immagini la propria volontà di esistere e di raccontarsi, per portare a galla verità celate negli anfratti più reconditi dell’animo, si affida al proprio istinto motorio.
Invade il bianco con una sequenza di gesti: parole energiche, spazzolate di colore, in alcuni casi vere e proprie sciabolate. Il risultato e stupefacente: tracciati di linee spesse, organizzate in maniera casuale, matasse, composizioni monumentali di laghi di immagini e in tutto questo si formano sentimenti, alberi, animali, parole che si dissolvono in nuove forme e in nuove realtà.
Il lavoro naturale scaturisce da un impulso istintivo, quasi automatico, ma, a volte, quando le pressioni del mondo diventano muri d’angoscia e mettono in discussione l’io, l’identità, allora l’opera diviene il frutto di un lavoro più calcolato, liberatorio. Ma in entrambi i casi si tratta di un segno autonomo da ogni normale codice espressivo, ma proprio per questo dotato d’imprevedibili capacità evocatrici.
In Nicoletta Ponticelli si può parlare di un segno nuovo, come espressione della volontà di scoprire un codice di comunicazione con un mondo complesso che gioca tra la dialettica del locale e del globale costruendo il suo insondabile divenire.
Nei componimenti appare così tutta l’esigenza dell’artista di dare voce alla proprie ansie, alle proprie crisi di certezze, causate dalla follia umana. L’incapacità dell’uomo di controllare, attraverso la ragione, i propri istinti distruttivi porta Nicoletta Ponticelli a sondare, attraverso la poesia, la profondità della natura umana. Questo proposito assume due valenze fondamentali. Da un lato, una ricerca di autenticità nell’irrazionale, intesa come via d’uscita dalla sfiducia nei confronti della razionalità.
Dall’altro, l’esigenza di affermare la propria razionale volontà di esistere in quanto persona e artista.
Tutto ciò nell’assoluta libertà d’ogni regola, da ogni schema e ciò da la sensazione continua di qualcosa d’inatteso e sorprendente che suscita ammirazione, incantamento e senso di libertà nell’osservatore.