Con questo saggio Marcello Passagrilli analizza come una specifica minoranza organizzata, quella del “partito cristiano”, è riuscita e riesce a esercitare il potere su una grandissima maggioranza avvalendosi di un “manifesto” (le Sacre Scritture) basato sul dualismo antropologico ben collaudato di “pastori” e “pecore” (governanti e governati). Attraverso quali linee operative viene accordata questa legittimità che fa poco leva sulla pratica militare ma si concentra sul dominio ideologico delle coscienze? Per rispondere al quesito l’autore approfondisce con senso critico alcuni episodi tratti dai Vangeli del Nuovo Testamento (i veri atti costitutivi del partito cristiano), considerati nell’ottica di basi fondamentali del programma di un’organizzazione che sorregge l’architettura del potere economico, sociale e politico di una Chiesa che, per longevità e diffusione, non ha mai avuto precedenti nella Storia dell’umanità. L’analisi riguarda le varie fasi del reclutamento, come vengono ammaestrati gli umili e i “quadri” da Gesù, come si giunge a coinvolgere l’élite del potere governativo dell’Impero Romano fino alla proclamazione del Cristianesimo quale religione di stato. Quali formule vincenti di questa formidabile macchina organizzativa hanno tenuto insieme dapprima un nucleo ristretto e poi masse sempre più grandi, penetrando in profondità le coscienze di ogni individuo venuto a contatto con essa?
Marcello Passagrilli nato alle ore 17 e 30 del 7 dicembre 1944 in quel di Quadrelli, leggiadro paesino umbro in comune di Montecastrilli (TR). Una splendida infanzia, vissuta in luoghi francescani dove la natura è di per sé una pregevole opera d’arte, ha determinato il silenzioso, lento concepimento del suo spirito artistico. Dopo una lunga gestazione durata diversi lustri, questo spirito è venuto alla luce in contesti completamente diversi e in forme completamente inaspettate. Con Europa Edizioni pubblica il romanzo La Megale Idea e il saggio Il manifesto del partito cristiano.
Aurelio Roncari –
Ho riletto con più attenzione della prima volta “Il Manifesto del Partito Cristiano” non perché fossi rimasto scandalizzato dal modo in cui veniva trattata la Religione cristiana, ma perché l’argomento non era al centro dei miei interessi. Rimangono, tuttavia, le mie perplessità nell’identificare la Chiesa come Partito.
Non sto a disquisire sul fenomeno religioso che ha avuto una manifestazione universale nell’umanità ed ha trovato in tempi diversi molteplici espressioni. Paragonare la struttura della Chiesa a quella di un Partito può essere più comprensibile al suo inizio, quando esistevano Gesù e gli Apostoli ed il cristianesimo si doveva consolidare. Attualmente ridurre la Chiesa ad un Partito il cui unico fine sarebbe quello di esercitare il potere per dominare la società sembrerebbe alquanto riduttivo.
E’ interessante il modo di trattare i Vangeli in connessione con la Bibbia, il Vecchio Testamento. La lettura critica è certamente dissacrante, perché non tiene conto del rispetto da rivolgere alla lettura dei testi sacri, come avviene in presenza della fede. I teologi possono sempre smentire questa lettura a sostegno della religione cristiana.
Nel libro è fondamentale la distinzione tra Pecore e Pastori e finché viene limitata alla religione, può andare bene, ma quando attraverso il Partito è rivolta all’intera società, sembrerebbe troppo semplificatrice. In esso ci sono, poi, altri temi tra cui quello della nobiltà di Giuseppe mi sembra alquanto curiosa, perché non l’avrei mai sospettato, avendo ricevuto dalla mia educazione religiosa l’immagine che considerava i genitori di Gesù come gente comune. Più impegnativa potrebbe essere l’accenno ad una sorta di biologismo spirituale laddove sembra che il senso del sacro tragga origine dalle funzioni dell’amigdala.
Un altro tema solo accennato e che meriterebbe maggiore esplicitazione è quello dell’antropologismo culturale riguardante le diverse fasi di sviluppo dei popoli nella storia. Non manca il ricorso a temi filosofici come la dialettica in una versione hegeliana della negazione della negazione per spiegare il superamento del sacrificio presente nelle religioni antiche e voluto da Dio nei confronti di Gesù per espiare il peccato originale. Da ciò nascerebbe l’amore che nega il sacrificio e che, invece, la Chiesa si ostina a mantenere contraddittoriamente nell’Eucarestia. La dialettica viene ancora richiamata quando viene riconosciuta, come Engels, nella Natura, mentre tenderebbe a dissolversi nelle manifestazioni spirituali, dove le opposizioni sembrerebbero più difficilmente rintracciabili. Qui viene toccato il tema, sempre hegeliano, del rapporto tra astratto e concreto che richiede sempre l’esercizio di una mediazione tra i principi astratti e la pratica sociale per renderli applicabili.
Infine, la riscoperta dell’Acqua sarebbe in grado di fare scomparire le contraddizioni sociali e di eliminare la religione stessa con la distinzione tra Pecore e Pastori, dando luogo ad una nuova società. Questa sarebbe paragonabile alla società senza distinzione di classi auspicata da Marx. La nuova rivoluzione, tuttavia, sembrerebbe anch’essa improbabile.
Riconosco che il tema della Chiesa come potere sociale è molto rilevante ed anche un filosofo come Bertrand Russell nella “Storia della filosofia occidentale” lo ha trattato abbondantemente. Qui ho espresso solamente alcune considerazioni che toccano una minima parte del contenuto del libro, ma che a mio avviso sono importanti e che dovrebbero trovare approfondimento. Nel complesso ritengo il libro condivisibile come originale ricostruzione della religione cristiana.
Aurelio Roncari
Monvalle, 24/07/2022