Calabria, 1938. Per Nato è arrivato il tempo di andare a scuola. Al suo entusiasmo si contrappone una iniziale ritrosia dei suoi genitori che non ritengono necessaria l’istruzione per condurre una vita da bracciante, l’unica che considerano possibile anche per il figlio. Ma per fortuna andare a scuola è un obbligo di legge e Nato comincia a frequentare la prima elementare. Le sue giornate d’improvviso si riempiono di tante novità. Scopre il piacere di sfogliare i primi libri, di ascoltare il maestro, di giocare con gli altri bambini, di frequentare quel luogo che regala continue emozioni, tanto da non volere mai perdere un giorno di lezione. Quando nel 1940 scoppia la guerra la scuola diventa anche un rifugio, un posto in cui restare per qualche ora lontano dalle tensioni che si cominciavano a respirare in casa. Ma ben presto quel conflitto fa conoscere il suo lato peggiore fatto di miseria e paura e anche la famiglia di Nato, come tante altre, decide di abbandonare il paese. Nato deve interrompere gli studi proprio quando mancava solo qualche mese al conseguimento della licenza elementare. Il maestro nel salutarlo gli dà un consiglio: “Porta i libri con te e continua a leggerli”. Da quel momento per il bambino inizia una nuova vita, senza scuola, un’esperienza che lo segnerà nel profondo ma che gli farà capire ancora di più l’importanza dello studio tanto da dargli nuovo slancio negli anni dalla ricostruzione. Io a scuola non ci sono potuto andare è un romanzo a cuore aperto che racconta la vita di un uomo che è passato dalle privazioni dell’infanzia e dell’adolescenza alle conquiste dell’età matura, senza smarrire la propria identità e affidandosi ai suoi ricordi più preziosi.
Caterina Praticò è nata il 4 agosto 1966 a Reggio Calabria, dove vive nella frazione di Pellaro. È sposata e ha un figlio di 18 anni. Ha conseguito la laurea in Giurisprudenza e dal 1994 è dipendente del Ministero della Giustizia, con funzioni di Direttore presso un Ufficio Giudiziario della sua città.
Quando è venuto a mancare suo padre è stata molto male. Spesso le ritornava in mente il suo rammarico di non avere potuto studiare. Questa riflessione le ha dato lo spunto per cominciare a scrivere pezzi di una storia vera che, seguendo l’improvviso filo logico che si era fatto strada nei suoi pensieri, ha riordinato con la sua immaginazione e le sue emozioni. Così è nato Io a scuola non ci sono potuto andare.
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