Quando, in una sera di marzo del 1981, due bambini vengono lasciati soli al parco, un’amicizia forzata dalle madri si trasforma in un gioco perverso. Lei, Sara, è una “streghetta” viziata e crudele, capace di sottomettere l’amico con il ricatto e l’umiliazione; lui è remissivo, dolce, ma cova in silenzio un odio crescente. Quel giorno, durante un momento critico per Sara, il bambino sceglie di non aiutarla. È il primo passo verso l’abisso. Trentacinque anni dopo, Gianni Colombo è diventato un fotografo di grande fama e un uomo perseguitato da stimoli che trascinano verso un crimine sinonimo di giustizia, ma che si alternano a ripensamenti dilanianti subito rigettati nel fondo della mente per riemergere, immediatamente dopo, avvolti dalla certezza di aver agito coerentemente e in modo retto. Tanti i delitti, alcuni serviti su un piatto d’argento, solo da mettere in atto senza sbavature; altri premeditati e attentamente studiati.
Una vita paragonabile a una corda tesa sul vuoto, su cui il killer acrobata camminerà, un passo davanti all’altro, con rari tentennamenti prontamente superati. La sponda opposta, meritata culla per una definitiva tranquillità, sarà raggiunta alla fine di un lavoro tanto impegnativo quanto foriero di dubbi… E, da quel momento in poi, stop a ripensamenti e indecisioni. Con una scrittura affilata e coinvolgente, Milena Moriconi ci accompagna lungo una linea sottile che unisce l’infanzia al presente, l’innocenza alla colpa, il ricordo alla vendetta. Mortui non mordent è un romanzo disturbante e misterioso, che indaga le zone oscure dell’animo umano, dove niente è davvero dimenticato.
« Nasco a Genova nel remoto 1946. A seguito di un trasferimento per motivi professionali, ho la fortuna di godermi, per lungo tempo, quella splendida città che è Milano, per poi approdare in Lomellina fra aironi, risaie e gente semplice che sorride a tutti, anche agli sconosciuti.
Per circa 40 anni ho svolto la funzione di consulente aziendale in campo informatico.
Attualmente in pensione, sono immersa in un sovraccarico di attività che spaziano dal volontariato alla scrittura di romanzi dai contenuti variegati e, a volte, in netto contrasto tra loro. Passare dalla fiaba per bimbi, dal classico “C’era una volta…”, al thriller è stato un esercizio di stile stuzzicante e corroborante per la mente.
Ho scritto questo racconto sulla scia di un mio personale motto che recita: “Viene il momento in cui, dopo aver letto tanto, arriva l’ora di scrivere”. E allora l’ho fatto. Con entusiasmo, passione e tanta voglia – messa subito a tacere – di criticarmi durante la rilettura.
Lo scritto è dedicato a Milano, che amo come la mia Genova, e ai milanesi che stimo dal profondo, così come i miei cari genovesi.»
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