Emiliano e Francesco, nati entrambi nel 1950 e nella medesima casa, condividono un’infanzia tranquilla, un’adolescenza vivace e una gioventù feconda. Diventati adulti, lavorano e vivono in città lontane e il loro legame si perde nei meandri dell’esistenza; ma si ritrovano, trent’anni dopo, in modo del tutto imprevisto. I due amici rivivono con gioia i tanti ricordi comuni e si raccontano le loro storie di vita: scelte esistenziali ardite, rapporti affettivi non sempre sereni e inconvenienti pesanti, ma pure momenti felici, successi meritati ed esperienze sessuali intriganti. Fanno da sfondo alle loro colorate conversazioni i principali eventi sociali, politici, sportivi e culturali che hanno caratterizzato la storia d’Italia e del mondo dagli anni ’50 in poi. Emiliano e Francesco sono consapevoli di fare parte della prima generazione italiana che ha avuto modo di giocare e studiare a lungo e, nel contempo, dell’ultima generazione che ha trovato lavoro subito e formato famiglia presto. Per giunta, nella parte migliore del mondo e nel periodo più tranquillo della storia d’Europa. Da qui il titolo del romanzo, Nati con la camicia: la consapevolezza d’essere più fortunati dei padri e, probabilmente, anche dei figli.
Roberto Corradini è nato a Trento nel 1949. Ha lavorato in ambiti diversi, ma è stato soprattutto un insegnante. Ama viaggiare, fotografare, ascoltare ed osservare, per poi raccontare. Con l’editore Curcu Genovese (Trento) ha pubblicato i romanzi: “Il sangue e l’inchiostro” (2015) e “Gente Libera” (2017).
www.robertocorradini.it
Edoardo Croni –
Leggendo “Nati con la camicia” di Roberto Corradini (Europa Edizioni), ho rievocato con facilità, pagina dopo pagina, molti ricordi personali e tante emozioni da me vissute nel periodo preso in considerazione dal libro (1950-2015). Infatti, faccio parte anch’io – come i due protagonisti principali del romanzo – della generazione “fortunata” che è nata e vissuta nel più lungo periodo di pace e prosperità della storia d’Italia e d’Europa; e appartengo – come Emiliano e Francesco – a quelle famiglie di lavoratori italiani che hanno contribuito alla ripresa sociale ed economica del dopoguerra, che hanno meritato e goduto le medesime opportunità di progresso in vari campi (sanitario, normativo, culturale, ecc.) e che hanno svolto spesso un ruolo attivo durante i tanti eventi politici, sociali, sportivi, musicali e di costume caratterizzanti la storia italiana, europea e mondiale nella seconda parte del XX secolo.
Nella prima parte di “Nati con la camicia” mi sono imbattuto in personaggi e contesti che ho conosciuto anch’io – tali e quali – nel corso della mia infanzia, adolescenza e gioventù (in famiglia, a scuola, in oratorio, in ambito lavorativo o nel tempo libero). Ed ho avvertito di nuovo, dopo tanti anni, i loro stessi fremiti nell’ascoltare i primi 45 giri dei Beatles o dei Rolling Stones, oppure nell’assistere ai trionfi sportivi di Pietro Mennea o di Sara Simeoni, oppure nell’identificarmi nel James Bond di Sean Connery o nei personaggi western di Sergio Leone. Questo grazie anche all’abilità dello scrittore nel descrivere in modo avvincente le varie scene e nel suscitare debitamente emozioni e sentimenti.
Nella seconda parte del romanzo, la narrazione rimane fluida e accattivante: i due amici si ritrovano dopo tantissimo tempo, in un modo improvviso e imprevisto, diri anche un po’ ruvido; ma a loro bastano pochi minuti per riannodare il rapporto spezzato e pochi giorni per raccontarsi i quarant’anni di lontananza.
“Nati con la camicia” è in fondo il trionfo di una grande amicizia. La vita di Emiliano risulta straordinaria (un ex campione di atletica leggera, smessa l’attività di insegnante di educazione fisica, diventa reporter sportivo e poi fotografo all’opera in America e in Africa); ma quella di Francesco non è da meno (diventato affermato commercialista, continua ad essere l’elemento di punta di un gruppo musicale di successo).
Ed alla fine della lettura, ho colto con convinzione il messaggio di “Nati con la camicia”: la generazione italiana a cui appartengo anch’io (come l’autore e i protagonisti del romanzo) è stata davvero fortunata: è stata la prima a non andare in guerra, a non subire monarchie o dittature, a poter viaggiare liberamente nel mondo e a coronare molti sogni.
Insomma, “Nati con la camicia” è romanzo sociale che merita e appaga un’attenta lettura.
Edoardo Croni – 10 marzo 2021
Franco Sandri –
“Nati con la camicia” (Europa Edizioni) é un romanzo accurato nello stile e nei contenuti; é un libro di accattivante lettura nonostante le molte pagine, che l’autore Roberto Corradini ha dedicato ai suoi “coetanei”, cioè ai tanti che – come lui – sono nati in Italia nel dopoguerra, a coloro che hanno visto i genitori impegnati con sacrificio nel riuscito compito di ripianare i cumuli di macerie materiali, sociali e familiari derivanti dall’immane conflitto concluso da poco; é un libro dedicato a coloro che hanno trovato così, nell’ultima metà del secolo scorso, il clima favorevole per impegnarsi in progetti concreti e finalmente sereni, per sognare addirittura di “cambiare il mondo”, per cogliere comunque occasioni di studio, di lavoro, di viaggio, di benessere e di svago mai viste prima.
Il titolo “Nati con la camicia” nasce appunto da una convinzione dell’autore che è facile condividere, quella cioè che tutti (o quasi tutti) coloro che sono nati in Italia e in Europa dopo la guerra possano ammettere di appartenere a una generazione “nata sotto buoni auspici” e cresciuta nel più lungo periodo di pace, speranza e prosperità che ha caratterizzato la storia di gran parte del mondo.
“Nati con la camicia” potrebbe essere definito un romanzo “sociologico”, perchè l’autore intreccia in modo puntuale le storie intriganti dei protagonisti del libro con i 60 anni abbondanti di eventi sociali, culturali, sportivi, musicali succedutisi in Italia, in Europa e in gran parte del mondo dal 1950 al 2015.
Protagonisti del romanzo sono Emiliano e Francesco, nati entrambi nel 1950 e nella medesima casa; si rivedono da adulti e ripercorrono – senza toni nostalgici, ma con residuo incanto – il periodo della loro infanzia-fanciullezza-gioventù, il periodo cioè della “prima generazione italiana che ha potuto giocare e studiare a lungo, e – nel contermpo – l’ultima generazione che ha trovato lavoro subito e formato famiglia presto… per giunta nella parte migliore del mondo… con la consapevolezza d’essere più fortunati dei padri, e probabilmente, anche dei figli”.
Franco Sandri – 31 maggio 2021
Maurizio Panizza –
Per chi ama la storia, anche quella più recente, il bel romanzo “Nati con la camicia” (Europa Edizioni) potrà fornire certamente ottimi spunti di riflessione, se non addirittura di commozione. Sì, perché sul filo dei ricordi – di sicuro anche autobiografici – l’autore, Roberto Corradini, narra uno scorcio di Novecento descrivendo con minuziosa puntualità molti avvenimenti sociali, sportivi, musicali, culturali che in quegli anni, sia in Italia che nel mondo, hanno segnato le esistenze dei singoli e i destini della società. E’ in tal modo che le vicende familiari dei due principali protagonisti, Emiliano e Francesco (che il destino ha voluto far nascere nel medesimo giorno del 1950 e nella medesima casa), si intrecciano e si confondono con le grandi sfide del dopoguerra, dal boom economico al Sessantotto, dalla libertà sessuale all’emancipazione della donna. Con un ritmo cronologico incalzante, l’autore fa rivivere ai due protagonisti (e ai loro tanti coetanei) gli anni più belli della loro vita, passati per giunta nel periodo più lungo di pace e prosperità della storia d’Italia e d’Europa, fornendo loro la consapevolezza di “essere stati più fortunati dei padri e, molto probabilmente, anche dei figli” (da qui il titolo significativo “Nati con la camicia”). Insomma, il racconto di due vite parallele fra amicizia, vittorie e sconfitte, lutti famigliari e nascite, che – prendendo spunto dalle intriganti esperienze di Emiliano e di Francesco – ripercorre la seconda metà di quel “secolo breve” che ha tracciato tappe fondamentali e indimenticabili della nostra esistenza. Un libro da leggere e da meditare – anche dai più giovani – per meglio comprendere luci ed ombre di un’epopea formidabile che non potrà mai più ripetersi. Maurizio Panizza – 31/5/2021
Raffaele Bonaccorso –
23 novembre 2021
Ho trovato davvero avvincente “NATI CON LA CAMICIA” (Europa Edizioni), il terzo romanzo di Roberto Corradini, tanto è vero che l’ho letto d’un fiato, nonostante le 400 pagine di cui è composto. Lo scrittore trentino riesce a condurre per mano il lettore con una sorta di “almanacco” e gli fa percorrere, senza mai annoiare, i tanti avvenimenti politici, sociali e culturali (ma anche sportivi, musicali, cinematografici) che si sono succeduti nel lungo periodo che va dal 1950 al 2015. Lo fa raccontando il tutto attraverso le vicende esistenziali dei protagonisti, Emiliano e Francesco. Essi, venuti al mondo nella stessa casa e addirittura nello stesso giorno, trascorrono insieme infanzia, adolescenza e gioventù per poi affrontare le vicissitudini della vita adulta lontani l’uno dall’altro, addirittura in continenti diversi. Però, dopo più di trent’anni di lontananza, si ritrovano in modo imprevisto e riescono a riaccendere subito la loro amicizia raccontandosi l’un l’altro una vita che – sorprendentemente e fin dalle prime pagine – risulta essere non solo la loro, ma anche la nostra, cioè quella di gran parte di noi italiani che siamo nati e cresciuti nel secondo dopoguerra.
Il titolo “Nati con la camicia” è sortito appunto dalla convinzione dell’autore che noi suoi coetanei – al pari dei protagonisti principali del suo romanzo – facciamo parte di una generazione sostanzialmente fortunata, cioè “della prima generazione italiana che ha avuto modo di giocare e studiare a lungo e, nel contempo, dell’ultima generazione che ha potuto trovare lavoro e formare famiglia presto. Per giunta, nella parte migliore del mondo e nel periodo più tranquillo della storia d’Europa”. Personalmente condivido la sua convinzione, perché quelli dal 1950 al 2015 sono stati davvero anni di pace, speranza e prosperità diffusa. In Italia, in Europa e in gran parte del mondo.
Corradini è riuscito ad incastrare in modo preciso le storie dei suoi personaggi con la grande storia, costituita dai tanti accadimenti (anche internazionali) che chi è nato in quel periodo non può fare a meno di ricordare. Del resto l’autore, che è stato insegnante e che è laureato in sociologia, ha sempre seguito attentamente gli avvenimenti del mondo intero ed è sempre stato particolarmente attirato da cinema, musica, sport, viaggi, libri e fotografia. Sta di fatto che anch’io, durante la lettura, ho potuto riconoscermi in tante situazioni narrate con cura, direi quasi certosina, nel libro; e ho provato spesso emozione, rivivendo ricordi che avevo accantonato.
Ritengo insomma che “Nati con la camicia” sia un ottimo lavoro, un’opera narrativa di ampio respiro che sta raccogliendo riscontri positivi anche a livello nazionale e che merita l’attenzione di un pubblico ancora più vasto.
Raffaele Bonaccorso, ex giornalista dei quotidiani “Alto Adige” e “Trentino”.
Vittorio Colombo –
Nati con la camicia siamo noi. Parla di noi, degli ex ragazzi di una generazione nata negli anni del dopoguerra, l!intenso romanzo di Roberto Corradini che sarà presentato venerdì 4 febbraio 2022 (ad ore 20.30) a palazzo dei Panni ad Arco.
Già il titolo del romanzo “Nati con la camicia” (Europa Edizioni, 2020) è il felice manifesto della compagnia di viaggiatori della vita che non hanno patito le sofferenze materiali e morali (non solo legate alle guerre) dei padri e dei nonni e che hanno attraversato invece decenni sereni; anni irripetibili per ardori, splendori ed entusiasmi che sono impensabili, in quest!oggi di crisi e di tristezza pandemica, per la generazione dei figli.
“Confesso che ho vissuto”, ha scritto qualcuno e lo diciamo noi, ex ragazzi fortunati venuti al mondo non nudi ed esposti, ma baciati dal destino di avere la camicia della buona sorte ben cucita addosso.
Noi “camiciati” della generazione nata alla fine degli anni Quaranta e primi anni Cinquanta, siamo in fondo i protagonisti del romanzo di Roberto Corradini che racconta, con il respiro della saga familiare propria di film amati come “l!Albero degli Zoccoli”, o come “Novecento”, o come “La meglio gioventù” , le vicende di due amici, Emiliano e Francesco, nati nello stesso giorno e seguiti, con dichiarato affetto, nei loro cammini (nei primi decenni affiancati, poi divergenti, fino al consolatorio ritrovarsi, dopo trent!anni di lontananza per chiudere un cerchio di sentimenti, di valori, di amicizia). Cammini affiancati e viaggi individuali, mai edulcorati e falsi, sempre onesti anche nei momenti in cui le ferite della vita sono state laceranti e le disillusioni penose. Proprio come accade a tutti, come accade ed è accaduto a tutti noi.
Emiliano e Francesco, nati sotto la stessa stella, appaiono, nel racconto arioso e coinvolgente di Corradini, assai diversi nelle scelte di vita, nei caratteri, nelle speranze. L!uno insegnante di educazione fisica, sportivo, fotografo, impegnato nel volontariato, l!altro commercialista più integrato ma irrequieto, finiscono per rappresentare, nella loro complessità, le molteplici anime della generazione che ha vissuto gli anni del boom economico dei mitici Sessanta, anni nei quali le speranze e le illusioni – coltivate poi nel Sessantotto e negli anni successivi – erano certezza dell!avvento di un mondo migliore. Bagliori ed illusioni durati qualche decennio, poi andate a picco perché i tempi non erano più quelli, perché Emiliano e Francesco non erano più quelli. Perché noi non eravamo più quelli.
I nati con la camicia di Corradini siamo noi, e Corradini – classe 1949 – è uno dei nostri: infatti, leggendo le quattrocento pagine del romanzo rivi- viamo facilmente come “nostri” gli episodi individuali dei protagonisti e avvertiamo di nuovo quel calore, tra nostalgia ed affetto, che ci regala la memoria: Rin Tin Tin, Ollio e Stanlio, Marilyn Monroe, la vespa, il juke box, le varie Olimpiadi, i Beatles, l’agente 007, i film di Sergio Leone, Eddy Ottoz, Mohammed Ali, Miles Davis… Così, alla rinfusa, come travolti da un!ondata sentimentale.
Come eravamo? D!accordo, ma di più: il racconto evocativo di Corradini fa riemergere storie legate alle nostre emozioni, quelle che, non alimentate, erano magari finite nei cantucci della memoria. Con chi abbiamo ascoltato la radiocronaca notturna dell’incontro di pugilato tra Benvenuti e Griffith? Dove eravamo e con chi la notte dello sbarco sulla luna? E così via. Insomma, pagina dopo pagina, ritroviamo facilmente quel giorno, quell!ora e quei “nostri” momenti; e nel contempo la storia con la “S” maiuscola, che fa da sfondo puntuale a tutto il libro.
Non c’è nostalgia, nel libro di Corradini, non solo nostalgia perlomeno. Nelle sue pagine settant’anni di storia vissuta scorrono a volte densi, ma si farebbe un torto alla realtà se si ritenesse assolutamente preminente l!aspetto rievocativo, quasi didascalico e vagamente enciclopedico dell’opera. “Nati con la camicia” ha infatti il respiro, sempre misurato, del romanzo scritto con proprietà, vivacità, garbo. I due protagonisti sono convincenti compagni di viaggio che, sono sì emblematici, ma rivendicano quella che, tra gioie e dolori, è in fondo la storia di tanti loro coetanei italiani che hanno avuto la buona sorte di nascere con la camicia.
Vittorio Colombo, 19 gennaio 2022
Angelo Orsingher –
“Nati con la camicia” (Europa Edizioni) di Roberto Corradini
Chi sono i “nati con la camicia”? Lo sono di certo Emiliano e Francesco, venuti al mondo nello stesso giorno del 1950 e nella stessa casa a ringhiera di una qualsiasi città italiana, cioè i due protagonisti che Roberto Corradini mette al centro del suo terzo romanzo.
Ma non sono soltanto loro. Infatti, pagina dopo pagina, comprende di essere “baciata dalla sorte” anche la gran parte dei lettori che sono nati e vissuti in Italia e in Europa nella seconda parte del Novecento. Perché può riconoscersi subito e facilmente in tantissimi aspetti esistenziali dei due fortunati amici.
Emiliano e Francesco trascorrono insieme un’infanzia serena, un’adolescenza vivace e parte di una gioventù feconda; poi, come avviene, si separano e vivono in città lontane, uno dei due addirittura sparisce in un continente diverso (e senza lasciare contatti). Ma, dopo decenni di lontananza, si ritrovano improvvisamente, riescono a riannodare senza tanti problemi e risentimenti il loro rapporto interrotto e si raccontano a vicenda la loro vita adulta. E convengono che le loro esistenze hanno avuto il privilegio di attraversare un lungo, comune, contesto di pace, di progresso e di speranze. Come mai era avvenuto in passato e come mai, forse, avverrà nel futuro.
Nelle prime pagine di Corradini si respira di nuovo l’aria del bianco e nero, l’atmosfera delle casa a ringhiera dove tutti conoscono tutto di tutti, dell’oratorio e della tv di Rin Tin Tin e di Mike Buongiorno; si rivivono i sogni di due adolescenti che diventano grandi, la voglia di migliorarsi, di costruire il futuro, di credere che tutto sia possibile.
Poi il mondo cambia e diventa man mano più grande; nel contempo, la vita impone scelte continue, riserva sorprese, gioie e tentazioni, ma anche separazioni, delusioni, lutti e nuove realtà: matrimoni e figli. Le generazioni si susseguono, consumano tempi e affetti. Come il lavoro.
Ma i due personaggi hanno avuto modo di studiare secondo le loro inclinazioni e di trovare lavoro presto. Inoltre, hanno coltivato precocemente passioni robuste, anche se diverse; passioni nate da semplici oggetti, vinti in un concorso basato sulla raccolta di figurine: una macchina fotografica e un tamburo. Soprattutto hanno mantenuto vivi i ricordi comuni e, anche se in sottotraccia, la voglia di rivedersi.
Emiliano, dapprima atleta e poi insegnante di educazione fisica, cambia vita e lavoro dopo un divorzio penoso, va negli Stati Uniti, segue la sua passione di fotografo anche in Asia e soprattutto in Africa (ne documenta la bellezza e le tragedie). Diventa uomo del mondo. Francesco invece ha una vita tranquilla, conduce con la moglie uno studio da commercialista, ma non rinuncia alla ribalta occasionale come elemento di punta di un gruppo musicale. E’ un uomo impegnato.
Sono quindi mondi diversi quelli che caratterizzano i due “quasi fratelli”. Però resta sempre forte e uguale in loro il richiamo di una grande amicizia. Ovvio che, quando i due si ritrovano dopo oltre 30 anni, sono sopraffatti dalle emozioni, dal bisogno di raccontarsi e di fare bilanci. Riaffiorano le radici comuni, i ricordi, i sentimenti.
Corradini accompagna Emiliano e Francesco fino in fondo ai loro sogni, alle loro vite, alle loro libertà. La figlia di Emiliano, persa per lunghi anni, farà scattare la molla per farli tornare all’origine di tutto. Anche una sorella suora e l’Africa avranno un ruolo essenziale nel riannodare, anzi nel rinsaldare.
“Nati con la camicia” potrebbe essere un sussidiario, un libro di lettura, un racconto lungo settant’anni. Di sicuro dentro si legge l’Italia che cambia, che accelera, che rinasce subito dopo la Seconda guerra mondiale. Emergono diversi piani di lettura e moltissimi eventi – grandi e piccoli – in campo sociale, culturale e sportivo.
Una volta ho sentito dire da Paco Ignazio Taibo II: “la storia senza racconto non esiste”. Infatti, questo libro è un racconto che scandisce il passaggio da un decennio all’altro del secondo Novecento attraverso una saga familiare; questo romanzo è un racconto del luccichio del boom economico, dei primi personaggi planetari, delle prime canzonette da spiaggia insieme alla musica jazz, dei Beatles o dei Rolling Stones, delle prime vacanze spensierate e di viaggi finalmente diversi da quelli dettati da emigrazioni o da motivi militari, delle prime consistenti conquiste sindacali insieme a quelle addirittura spaziali, delle grandi competizioni sportive e del successo travolgente di un cinema nuovo.
Leggere questo libro è insomma immergersi dentro qualcosa di conosciuto che fa parte di noi. Tutto è messo là, davanti, per accendere i nostri ricordi più belli.
recensione di Angelo Orsingher apparsa il 19 maggio 2022 su “ il passaparola dei libri.it “