A volte per fare un passo in avanti nel futuro serve farne due indietro verso il passato. Il protagonista di Nostalgia di futuro ha 53 anni, vive a Milano, ha una moglie, due figlie, è insegnante d’italiano in un prestigioso istituto, passa alcune serate con gli amici ed ha del tempo per coltivare le sue passioni. Tra queste una è caduta nel dimenticato-io: la scrittura. Ma una sera arriva l’illuminazione. È tempo di rispolverare scritti giovanili, articoli, citazioni, di ricordare eventi accaduti nel proprio passato che hanno contribuito a forgiare la persona che è. In una divertente ed efficace ricostruzione di un puzzle pieno di pezzi di vita, dagli anni Settanta in avanti, dal Sud a Milano, dalla militanza politica all’impegno professionale, Teo Cavallo dà forma a un’opera multiforme, con salti continui tra presente e passato, un viaggio nella mente di un uomo desideroso di restituire al passato la sua dignità, senza rimanerne imprigionato, e di cogliere nei suoi frammenti quell’energia di un tempo necessaria per costruirsi un nuovo futuro…
Teo Cavallo (Bari 1952), docente di Materie letterarie nelle scuole secondarie di Ostuni e Milano, dove vive con la sua famiglia da più di trent’anni, ha pubblicato, nel 1984, il saggio La filosofia di Francis Bacon tra scientia e sapientia e nel 1991, insieme a Raffaele Valentini, Storie sotto due cieli, una raccolta di composizioni liriche. Ha collaborato, tra gli anni Ottanta e Novanta, con la rivista milanese Malvagia e le riviste ostunesi La piazza e Abibis. Sempre attratto dalla vicinanza tra linguaggio letterario e linguaggio musicale, negli ultimi anni si è sempre più dedicato alla ricerca di quello che lega le note dei suoni alle parole di carta.
Lorenzo Cirasino –
Commento al libro di Teo Cavallo “Nostalgia di futuro”
Il libro, di sole 120 pagine, è una autoironica e intelligente messa a nudo di sensazioni, ricordi e riflessioni su momenti importanti della vita dell’autore. In essa, grande spazio occupano gli affetti, la funzione di ‘In-segnante’, vale a dire di ‘magister’, che l’autore esige dal suo lavoro, il tempo libero e il rispetto e l’amore per la natura e il prossimo. Quanto a quest’ultimo, i sentimenti di rispetto e di amore sono in particolare rivolti verso la componente più fragile e vulnerabile della società, frequentemente offesa da chi sembra vivere di sole apparenze e superficialità. A guidarlo in tutto questo è l’educazione impartitagli dai genitori e da altre figure familiari significative, tanto del lato paterno (una zia) che di quello materno (una prozia). Tra i messaggi derivatigli dal padre e dalla zia paterna compaiono proverbi intesi a scongiurare i rischi di una inesorabile volatilizzazione dei propri entusiasmi e delle proprie energie. D’altra parte, coi loro moniti, quegli stessi proverbi erano sembrati all’autore espressi anche dalla perplessità, la diffidenza, l’incredulità e addirittura la compassione che a volte aveva avuto l’impressione di cogliere sui volti di propri concittadini in particolari circostanze, come nel corso della distribuzione di volantini o di giornali politici in cui da giovane si era visto impegnato. Tra i messaggi derivatigli dalla madre e dalla prozia, l’approvazione e il conforto sulla scelta del cammino intrapreso e l’incoraggiamento a percorrere la propria strada pur nella consapevolezza dei costi richiesti. La sensibilità, oltre all’ironia e all’intelligenza, che l’autore mostra, portano a una divertente e quindi rapida lettura del libro nonostante l’inevitabile triste velatura che la nostalgia di per sé comporta. Auguriamo pertanto all’autore e a noi stessi che a questo libro ne seguano altri, anch’essi animati dall’intelligenza e dall’interesse per la natura ed il prossimo qui presenti.
Tobia Semerano –
Ho ricevuto con vero piacere, in regalo da un carissimo amico il libro del prof. Teo Cavallo, libro che con vero piacere ho letto tutto di un fiato.
Nei brevi racconti, traspare il bilancio di una vita attraverso i ricordi, in un’ alternanza tra passato e presente, che guarda al futuro, con una vena di nostalgia che non e’ rimpianto.
Ho avuto l’mpressione di sfogliare un album di fotografie, di istantanee. Attraverso un’immagine, che fissa quell’ istante si puo’ raccontare una vita.
Complimenti all’ Autore e restiamo in attesa del prossimp.
Vincenzo Gambardella –
E’ una vita difficile, ma raccontata con leggerezza, quella che si legge nel libro di Teo Cavallo: “Nostalgia di futuro” (Europa Edizioni, 2020). Emergono, qua e là, la coscienza amara dello sradicamento delle proprie origini, e il fallimento delle aspirazioni giovanili. Eppure tutto è contenuto, superato da un desiderio di vita incolmabile, che riscatta i personaggi, e in particolare il protagonista, lo stesso autore. C’è sempre un posto (ci deve essere un posto!), sebbene piccolo, dove si può vivere ancora, senza competizione, senza arroganza, dove la solidarietà esiste, e l’altro non è indifferente. Si tratta di un luogo familiare, che mantiene la forza delle proprie idee, delle proprie radici, della fedeltà a queste, in cui prevale un’antica tradizione, che alimenta e permette di realizzare nel futuro tutto ciò a cui aspiravamo: la famiglia, il lavoro, gli interessi culturali, la politica.
Teo Cavallo appartiene al genere degli insegnanti scrittori, che si interrogano sul significato dello scrivere. Partendo dal presupposto che la scrittura è un dono, un talento che si perfeziona con l’esercizio e con il proprio vissuto, con l’esperienza del proprio vissuto, possiamo dire che scrittura e insegnamento non sono incompatibili, anzi, la prima trova spinta e motivazione nella seconda, e viceversa, nonché ragione, verità, bellezza, nostalgia, nostalgia della bellezza che sembra sfiorita, svanita, e invece è ancora nei nostri cuori, presente, attiva, fino a determinare le nostre scelte, i nostri pensieri, e capace di sciogliere i nodi inestricabili delle nostre travagliate esistenze, che sembrano, solo in apparenza, perse! E Teo Cavallo è scrittore e insegnante in un certo modo, nel senso che l’insegnamento non è solo una trasmissione del sapere, bensì ha l’intensità di una ferita o di una linfa vitale che continua a scorrere, che non si definisce nella semplice relazione con gli alunni, ma procede ben oltre, investendo una intera e vasta dimensione intellettuale, personale, che è formativa e creativa, di spessore inesauribile e che riguarda soprattutto le proprie radici.
Non deve stupire il fatto che Tolstoj, mentre componeva il suo capolavoro, Guerra e Pace, insegnava ai bambini dei suoi contadini, fondando la scuola di Jasnaja Poljana, quando la scuola non era prevista per le classi meno abbienti, nella Russia dell’Ottocento. Perciò possiamo dire che l’atto creativo, qualunque esso sia, è una radice che non è solo frutto di fantasia, o di talento inventivo, ma riguarda anche capacità di giudizio, determinazione a fare, a comprendere le ragioni dell’altro, di ognuno. Mi sembra che per Teo Cavallo, scrivere è fare i conti con questo.
Alfredo Castiglioni –
Per manifestare le mie personali impressioni dopo la lettura di “Nostalgia di futuro. Da un secolo all’altro”
mi è sembrato naturale dare una “definizione” dell’opera di Teo Cavallo che mi aiutasse nell’espressione.
Ma quelle affiorate alla mente per prima, come “biografia romanzata” , “biografia intimista”, “aforismi
metropolitani” mi hanno lasciato insoddisfatto. Riflettendo più a fondo ho percepito che lo scritto di Teo
Cavallo possa definirsi un “manuale” da studiare quando si voglia imparare a scrivere in italiano in modo
moderno, non convenzionale ed incisivo: come costruire la frase, che vocaboli e verbi adottare, come dirlo
per arrivare subito all’essenza della questione trattata.
La consultazione del “manuale” redatto da Teo Cavallo non deve obbedire a regole di consequenzialità: si
può leggere a piacere una qualunque delle trenta sezioni in cui è articolato; volendo si poi passare ad una
sezione precedente oppure ad una qualunque di quelle seguenti. Oppure dall’indice si può scegliere la
sezione che più si addice alla situazione che il lettore vuole descrivere e trarne ispirazione.
Franco Colizzi –
Si può scrivere per raccontarsi.
Si può scrivere per ritrovarsi.
Si può scrivere per discernere ciò ch’è vivo e ciò che è morto della nostra storia.
Si può scrivere per cercare di svelare il segreto della propria strada.
La strada di cui parla il professor Teo Cavallo in una poesia alla fine del suo libro “Nostalgia di futuro”.
Qual è dunque il segreto? Che ne è stato, nel passaggio dal Sud al Nord d’Italia, da Ostuni a Milano, da un secolo all’altro, dei pensieri profondi, dei desideri ardenti, dei progetti familiari, delle passioni politiche giovanili?
Può essersi nascosto, il segreto, in carte, articoli, annotazioni, progetti di scrittura messi nel tempo da parte? Lo scrittore Teo riprende in mano quei lavori, li rilegge, li riscrive in parte e sembra comporsi un puzzle…
Aveva lottato per una maggiore libertà di tutti, fatta anche di rinunce responsabili. E che ne facciamo, oggi, della nostra libertà? Alla domanda risponde, con ironia, un gustoso pezzo sulla spesa al supermercato, che è uno dei maggiori santuari della libertà di scelta…tra i prodotti. Come si fa, infatti, a rinunciare ai nostri e sempre nuovi consumi? Come si fa a non cedere all’illusione della scelta, che nasconde la creazione di un legame di dipendenza?
Libertà è partecipazione, cantava Gaber. Meno male dunque che c’è ancora l’impegno e la partecipazione in politica.
Oppure no?
Teo intravede acutamente, già trenta anni fa (!), l’affermarsi di una nuova figura di cittadino, uno zoòn politikòn deforme e rachitico, il tifoso. Non più colui che milita, o che comunque partecipa (perché partecipare stanca), ma colui che si limita a fare il tifo, anche viscerale e non sempre per la stessa squadra, tanto c’è chi pensa al suo posto (forse) e chi sa come risolvere i suoi problemi (deviando magari altrove il suo risentimento crescente). Al tifoso politico non serve nemmeno uno stadio, ormai gli basta una tastiera di computer. Il professore Teo Cavallo, il cittadino Teo Cavallo e lo scrittore Teo Cavallo hanno così visto nascere quella che studiosi internazionali ormai definiscono post-democrazia.
Resta almeno, prova infine a dirsi Teo, la possibilità della solidarietà umana, un ambito largo dove non dominano i guadagni personali o societari. Eppure anche nella solidarietà praticata, e spesso esibita, abitano illusioni ed egoismi mascherati. Allora occorre reinventare la stessa solidarietà? O limitarsi a quella dei legami affettivi e familiari?.
Si affaccia la tentazione di rifugiarsi nel passato, nella gloriosa generosità giovanile protesa verso un futuro mite, libero, giusto, fraterno, che abbiamo in parte condiviso. Risuonano in controcanto le canzoni scritte e musicate da Teo negli anni Settanta, sono visibili in controluce gli scritti sui poveri ciclostilati de “La svolta” o di “Nuova Generazione”.
Ma il passato di Teo è vivo e guarda ancora, e sempre, al futuro. Quel futuro che è l’oggi e che appare a volte vuoto, buio, azzerato, nonostante contenga un nucleo energetico inestinguibile.
Nel passato di Teo, come in quello di tanti di noi, si annida ancora il futuro non realizzato, quella forza motrice che rende la vita, già preziosa in sé, ancora più degna di essere vissuta.
La nostalgia di un passato ricco di ideali, di sogni, di belle illusioni, di progetti personali e collettivi è un moto ciclico o circolare.
Essa rimanda necessariamente a un futuro di senso che ancora illumina la nostra strada. E il tempo che ci resta.
Ciao Teo, ritroviamoci domani.
Giorgio Oliveri –
L’opera di Teo Cavallo è un testo complesso, intreccio di autobiografia e pamphlet, di narrazione e riflessioni profonde. L’autore condensa in modo icastico il succo della sua esistenza, portandoci, attraverso differenti piani temporali e contestualizzazioni geografiche, a contemplare la sua maturazione sia nell’ambito personale che in quello professionale. Ed è proprio il suo magistero di docente, portato avanti con notevole acribia lungo vari decenni, a colpire in modo indimenticabile il lettore, comunicandogli tutta la saggezza acquisita da Teo Cavallo nel suo diuturno rapporto con i giovani di almeno due generazioni.
Tatiana Vanini –
Un breve scritto con un titolo che attira l’attenzione, incuriosisce e ci fa porre la prima domanda: come si può avere nostalgia di qualcosa che, essendo nel futuro, non è ancora avvenuta?
In più, osservando la cover, ci rendiamo conto di un’altra apparente contraddizione: nel titolo c’è la parola futuro, ma l’immagine riporta vecchie foto e tutto in color seppia.
A questo punto resta una sola possibile decisione, aprire il libro e scoprire quali sono le intenzioni dell’autore.
Teo Cavallo ha una scrittura elegante, raffinata, eppure capace di rivolgersi al lettore mentre parla di sé. Le sue sono parole private che si regalano a chiunque le legga, pensieri intimi che si rivelano, ricordi che si raccontano, esperienze che sono rimaste impresse su carta e tornano per farci riflettere con il protagonista/narratore.
Chi narra ha preso una decisione: una sera in solitudine di nascosto dalla famiglia. Quasi che questa intenzione sia qualcosa della quale vergognarsi. Si ritira nella sua stanza con un registratore e con la volontà di scrivere, sebbene a lui stesso non sia chiara la motivazione. Perché scrivere? Con quale scopo? Questo è il primo interrogativo nel quale incappiamo, una domanda che, a mio parere, troverà tantissima condivisione, perché molti appassionati lettori, ad un certo punto, sentono la spinta a scrivere, a diventare più strettamente parte di un’opera, non solo fruendola, ma creandola. Confrontarsi con la domanda “Perché voglio scrivere?” è conseguenza diretta della pulsione creativa. Ecco che un primo legame con i lettori è stretto.
Per trovare spunto o fondamento dal quale partire, il protagonista si accinge a rileggere ciò che ha scritto in passato, ed ecco che la narrazione parte in una serie di brevi capitoli che sono istantanee di momenti, passato che ritorna attraverso salti temporali, vita vissuta nella quale, inframezzati alla narrazione, entrano righe di riflessione e interrogazione.
Chi scrive si pone domande e chi legge fa altrettanto, istintivamente cerca le risposte alle domande che si trova davanti. Vede se stesso in alcuni passaggi raccontati, raffronta le sue esperienze con quelle nelle pagine.
“Nostalgia del futuro” è un’opera introspettiva, dal ritmo meditativo, che spazia su vari temi, da quelli più quotidiani ad altri di più alto respiro e importanza, perché è un racconto di anni, di esperienze fatte e adesso rivisitate, alle quali è possibile dare un’interpretazione più matura. I capitoli hanno ritmi diversi, alcuni si prestano ad una lettura più lenta ed attenta, in altri troviamo ironia, oppure un coinvolgimento maggiore che porta una marcia in più.
Man mano l’intento del titolo si svela e, quando ormai appare chiaro del tutto, è un’epifania. La nostalgia del futuro esiste, è possibile, ed è un concetto che personalmente trovo dolce, amaro, struggente e bellissimo.
Cavallo ci conduce in un viaggio circolare, tenendoci per mano, con sicurezza e delicatezza. In un cerchio letterario che inizia con una poesia e con una poesia si chiude. “Nostalgia di futuro” è uno scritto da scoprire.
Non lettura d’evasione, ma opera di riflessione, piacerà ad un pubblico che da un libro chiede di più: di essere coinvolto, istruito, affascinato e sorpreso.
Giancarlo Parini –
Complimenti Matteo, in effetti il titolo del libro rispecchia appieno le emozioni che suscita nel lettore, in particolar modo quelli della nostra generazione. Ho piacevolmente ritrovato in ogni aneddoto scorci del mio passato proiettati nel presente, elaborati con la tua abilità di narratore appassionato, attento e soprattutto in diverse circostanze ironico, che di questi tempi non è da sottovalutare. Il testo è curato nei particolari, fluido e allo stesso tempo ricercato, le pagine scorrono piacevolmente fornendo allo stesso tempo spunti importanti su cui soffermarsi a riflettere.
E’ un libro che si legge ‘tutto d’un fiato’, per poi tornare pian piano in mente, con calma…complimenti ancora Matteo, ottima opera.
Danilo Coppola –
Libro bellissimo. Ebbi notizia della pubblicazione di questo testo dall’amico Francesco Colizzi, di cui avevo già letto il recente romanzo autobiografico “La suggeritrice”. L’autore di Nostalgia di futuro, Teo Cavallo, io lo conosco. Siamo entrambi di Ostuni. E io l’ho conosciuto conversando con lui amabilmente molte volte i primi tempi in cui ero migrato da Ostuni, in Puglia, a Milano. Ma leggendo il suo libro, ecco, posso dire di averlo conosciuto meglio. Di averlo conosciuto davvero. La sua è la confessione autobiografica di un uomo dalla cultura vasta e dagli interessi molteplici, che ha avuto la forza di conservare queste sue passioni (lettura in primis) pur dovendosi confrontare con le procelle della vita: la ricerca di un lavoro stabile nella scuola, una famiglia, moglie e due figli, in una realtà, qual’è quella milanese, che non fa sconti a nessuno. Il libro è scritto per capitoli che affrontano vari argomenti, a volte in prima persona a volte in terza. Come se l’autore volesse osservare se stesso all’opera. L’opera del vivere. L’opera del quotidiano. Dalle sezioni del Pci di Ostuni, giovane militante, per le strade della città bianca a vendere l’Unità a nugoli di contadini indifferenti a quel giornale ed al suo portato, sino alla migrazione al nord, Teo cavallo osserva l’evoluzione delle vicende storiche del paese Italia da un osservatorio privilegiato, quello della capitale meneghina, alla fine, da sempre osservatorio antropologico e teatro di ogni cambiamento epocale, esportato in seguito nelle provincie più profonde dello stivale italico. Dall’avvento dei Burghy che come clima conviviale finisce, complice le figlie, per riprodurre, in modo più distorto, la socialità delle sezioni del Pci, lungo tutta una serie di avvenimenti che hanno caratterizzato il passaggio da un secolo all’altro, riversa le sue impressioni attraverso la sua scrittura sapiente. Ogni capitolo è un piccolo capolavoro. La bellezza del libro consiste di una straordinaria sincerità che, mettendo al bando il falso pudore degli emigranti medi che passano il tempo ad elencare i meriti delle proprie scelte attraverso un ridicolo e insopportabile revanscismo, narra le vicende umane del protagonista- autore (se stesso), alle prese con le discriminazioni derivanti dalla propria militanza politica, che alla fine lo costringono, più o meno, a lasciare la propria terra, per tentare un concorso pubblico, nella scuola, al netto di raccomandazioni e segnalazioni, là dove, in quel di Milano, il numero dei concorrenti, se non altro per una proporzione matematica, stempera questo triste aspetto di familismo amorale di cui è intriso il nostro paese, sud in testa.
E non manca di descrivere, restando sull’argomento, con arguta ironia, il revanscismo al contrario di tutti quelli che sono rimasti ad Ostuni che rivendicano la propria scelta manifestando contro quelli che se ne sono andati, sentimenti di silente rancore che a volte sfocia in dichiarazioni che fanno il pieno di luoghi comuni. Come quando ti dicono che Milano è inquinata, che c’è lo smog, che la gente è fredda. Luoghi comuni smontati pezzo per pezzo, non tanto perchè estreme ridicole e sordiane cantonate, quanto perchè la nostra terra quanto ad inquinamento non è seconda a nessuno. Milano compresa: tra l’Ilva di Taranto, l’ex Enichem di Manfredonia, la Centrale a Carbone di Cerano, i sansifici senza filtro e i depositi calndestini di eternit ( questi li aggiungo io), Teo Cavallo sembra voler dire: siamo tutti sotto il buco nell’ozono. Nessuno si salva. Nonostante gli ulivi. E nonostante il mare. Ghiotti e riportati in modo divertente gli episodi molto personali relativi alla gestione della Baby Viva, una bambola robotizzata presa per tener contenta la figlia e che alla fine fa impazzire tutta la famiglia con piagnistei e capricci. Finirà in beneficenza con sommo sollievo generale. Il riferimento all’inciviltà del Chewingum, cui Teo preferisce le caramelle, e al fare la spesa in modo selettivo, per far quadrare il bilancio famigliare, che poi non si riesce mai a rendere adeguato, perchè persino le caramelle, in un mondo in cui l’essenzialità genera tristezza, inutili non sono, si mescolano a capitoli sulla spersonalizzazione del vicinato ( non sempre negativa, a ben pensarci) e sull’avvento della Lega ( che a Milano città non ha mai sfondato veramente) e sul risibile separarsi in fazioni a frammentazione multipla, durante i mondiali di calcio del ’90… Quando il Teo Cavallo osservatore di strada si ferma ad ascoltare le voci di piazza Duomo, con italiani Milanisti che tifano Olanda, a causa dei giocatori olandesi in squadra e Interisti che tifano Germania, perchè a loro volta ne hanno di tedeschi, nel club del cuore. Teo Cavallo si chiede perchè abbia deciso di scrivere. Dopotutto è un professore di Italiano in un grande Istituto alberghiero, sua moglie lavora stabilmente e i figli hanno preso le loro strade. Si può dire che è un uomo realizzato. Eppure ad un certo punto, osservando dei fogli ingialliti conservati stretti in un elastico consunto, cose scritte da lui nel tempo ( leggevo sul giornale locale, di Ostuni, La Piazza, i resoconti mensili delle sue osservazioni da migrante a Milano, nella sua interessantissima rubrica mensile Vicino-lontano), gli viene voglia di scrivere. Di rievocare episodi della sua storia personale ( il testo ne è disseminato), senza cessare mai di chiedersi del perchè voglia scrivere. Sfidando figli e mogli di mezzo per casa, mentre riversa, quasi di nascosto, le sue riflessioni in un piccolo registratore. Scrive perchè l’esercizio della memoria è indispensabile. Per le generazioni future, ma anche per chi un bel pezzo di vita l’ha già vissuto. Perchè nonostante le delusioni della vita, gli schiaffi e le tramontane che il mondo scarica su di te, non puoi non pensare ad un evoluzione delle cose. Proiettando inevitabilmente e ironicamente, la tua nostalgia, nel futuro. Che dire. L’ho letto tutto d’un fiato. E ne consiglio vivamente la lettura a tutti. Fa bene all’anima.